venerdì 14 giugno 2013

"La Grande bellezza", di Paolo Sorrentino



Ci aveva stregati con This must be the place e lasciato dolci memorie come L’uomo in più e Le conseguenze dell’amore, dunque all’eco dell’imminente uscita de La grande bellezza è difficile non essere curiosi dell'ultimisismo lavoro di Paolo Sorrentino. Ve lo dico subito: a me il film non è piaciuto, parecchie spanne sotto al vecchio Sorrentino nella qualità, parecchio più in alto invece nelle ambizioni, è un film che critica una categoria nel quale però presenzia il film stesso. Un cinema misero e pietoso che si pesta i piedi da solo, uno dei miei commenti a fine film è stato “sembrava uno scialbo tentativo di Neri Parenti di girare un dramma”.

-Trama

Jep Gambardella (Toni Servillo) è un giornalista d’alto rango, esordiente a soli 26 anni con un romanzo di grande aspettativa decide però di abbandonare la letteratura dicendosi deluso da se stesso e si da dunque al giornalismo. Personalità di spessore culturale e critico immenso, ti resta impressa per la sua aria di superiorità mentre ha a che fare con Roma, le sue bellezze e ,soprattutto, i suoi nei.
Ho visto nel film molta volontà critica da parte di Sorrentino ma non capisco come abbia fatto a gabbare così clamorosamente così tante cose, essendo a mio avviso uno dei “meno peggio” italiani viventi. Partiamo appunto dalla trama. Molto (forse) poetica anche se non proprio originale, presenta tutti i difetti del cinema di serie B: E’ tutto così clamorosamente prevedibile, ad esempio dal fatto che Jep stringerà amicizia con Ramona (Sabrina Ferilli) sin dal diagolo con suo padre, a quando verso la fine ha un contatto visivo col suo vicino di casa e capisci già che sta per parlargli o meglio, sai già che sta per fare riferimento alla scena di un’ora e mezza fa. Oddio si ci hai provato quando hai fatto ammettere a Ramona di essere malata e poi ci hai fatto venire un colpo a tutti facendocela credere morta quando in realtà dormiva, ma ce l’hai fatta comunque crepare nella scena dopo e con una mordenza davvero inesistente, un po come dire “Vi siete spaventati eeh, credevate l’avrei fatta morire così subito dopo aver ammesso la malattia, e invece... Anzi no, aspettate, sembrerebbe proprio debba farla morire ora”. Un’altra delle cose che colpisce dritto allo stomaco sono i fuori trama: come tratteremo piu avanti Sorrentino si avvale di un ottimo direttore della fotografia, sfruttato all’inverosimile per tirar fuori sequenze da paura si, ma che lasciano il tempo che trovano. Non sono giustificate, non sono quasi mai collegate tra di loro, non hanno un’appendice, un collegamento, nulla. Ad esempio come mai Jep decide di tornare al club dopo tutti quegli anni proprio quella sera? E cosa mi centra la scena del Burqua (bellissima si, emblematica, ma nulla più), o quella del turista che sviene, o tutte le altre che mi ci hai buttato dentro solo per avere la fotografia eccelsa e richiamare Fellini? Tutta la tematica centrale di critica del film si limita solo ai discorsi ben scritti (ma mal letti) di Gambardella, tutto ciò che Sorrentino vuole esprimere lo fa fare solo a parole e non si fa così, questo non è cinema, perché lo schermo in questo caso è nulla più che una cornice con belle fotografie. La trama centrale non è avvincente (tanto meno originale) e non ti da motivi di aderenza, tanto meno di voler seguire, nell’attesa di un momento in cui magari il tutto si ribalti e la critica si faccia pesante ma no, è solo una stoccata di striscio, furia francese e ritirata spagnola. 3.

-Soundtrack:

Godibile in tutte quelle scene che non comprendono feste e Antonello Venditti (si, c’è anche Antonello Venditti), per il resto no. Le lunghissime sequenze dei festini ti fanno salire il tunz al cervello fino all’esaurimento (e le sequenze nonsense pro-fotografia non aiutano) ma il soundtrack è forse il penultimo dei problemi. Volendo partire da un 6 per “il soundtrack di tutte le altre scene”, pulito ma già troppo sentito, tolgo uno 0.5 per il senso di nausea che forse le scene delle feste volevano passarci proprio volontariamente ma senza guadagnarsi proprio il nostro affetto: 5,5.

-Fotografia:

Se il soundtrack era il penultimo problema, la fotografia è proprio l’ultimissimo. Sorrentino si avvale di un grande maestro dell’arte daguerrese come Luca Bigazzi ma sembra quasi lo metta li e gli dica “tu pensa a delle belle sequenze fotografiche e girami qualcosa, che poi vedo io come inserircele nella trama (sta mentendo Luca, non lo farà!”. Immagini davvero belle, ok, molte da cartolina e non mi sento di penalizzarle per i contesti perché li ho già fatti pesare parecchio nella trama, non do di più solo perché di ambizione chiaramente fin troppo Felliniana, e se punti così in alto o superi o rimani nel dimenticatoio assieme agli altri fallimenti (tutte le sequenze a caso del film non valgono la scena di apertura di 8 ½). Ci sono poi rare occasioni della computer grafica e, che dire, ho visto il Tambu fare molto di meglio con soli Sketchup e Lumion. Do 8 perché 8,5 mi saprebbe di insulto a qualcuno...

-Recitazione

E qui casca un altro gran bell’asino. Preannuncio che all’attuale non ci sono attori italiani che mi facciano impazzire perché ritengo il cinema italiano troppo figlio del teatro e infatti tutte, dico tutte e ripeto fin dalla prima all’ultima interpretazione sono tutte pastose e forzate, gli attori di teatro sono da teatro, il cinema è un’altra cosa. Tim Burton ha Johnny Depp, Refn ha Gosling, Scorsese ha DeNiro e Sorrentino ha Toni Servillo, forse quello che sembra messo più a suo agio nel recitare ma i monologhi narrati sono così duri e macchinosi che ti vien proprio voglia di metterci un po di lubrificante. E’ un po al scelta del cast in generale che devo dire mi ha fatto molto penare, motivo l’incongruenza col messaggio. Paolo Sorrentino vuole infatti farci credere di star mostrandoci un film che ha come fulcro la critica della vita mondana e dell’istituzione mentale degli italiani, ammalata dall’istruzione e dai media, e per fare ciò va a usare proprio quei personaggi, quegli attori che nel trash ci sguazzano come suini nel loro letame, vedi Carlo Buccirosso, vedi Sabrina Ferilli, le varie ex soubrette e compagnia bella. Unica presenza che mi ha fatto molto piacere quella di Roberto Herlitzka, un attore che ammiro molto, lo ritengo la voce più bella d’italia dal 2000 (e andate a vedere chi è morto nel 2000..).

.Il Peggiore: Carlo Verdone nel ruolo dell’amico Romano. Sarà che io non ho mai potuto vedere Verdone, capace di fare a gara con se stesso in cosa sia peggio se come attore o come regista, sarà che come per Alessandro Gassmann e Christian De Sica lo reputo un insulto a suo padre, sarà che ormai sa andare avanti solo a interpretazioni e battute trash fondate sui cliché o su uno pseudo-intellettualismo che ti fa venire voglia di cercare una corda, uno sgabello e degli alti pali scoperti. Il giorno che smetterà di fare cinema sarà festa come quando catturarono Bin laden.

.Il migliore: una comparsata di 5 secondi 5 in un bar verso metà del film: un povero anziano lavoratore che sembra proprio starsi godendo la sua pausa birra mentre guarda la televisione, l’unico in grado di saper recitare in maniera davvero credibile il suo ruolo, l’unico probabilmente li in mezzo a non aver mai preso lezioni di recitazione, e lascia tanto pensare.

Volendo chiudere l’orribile discorso recitazione vi rendo coscienti del fatto che più volte durante il film ho avuto l’urto del vomito invocando la fine della pellicola, provato dalla la troppa finzione espressiva dal primo all’ultimo minuto, e se non devo dare 1 qui... do 2 solo per Servillo, per il vecchio e per Herlitzka.
P.S. Piccola nota: Sabrina Ferilli questa volta si distingue dalla massa: infatti lei sarebbe cagna persino come attrice teatrale.

-Ritmo:

Nella sua facezia da intellettualone Sorrentino fa molte citazioni, solo che alcune le gabba per credibilità, come quando gli viene presentata una certa Paulina (spero di ricordare bene nomi e libri) e Jep ovviamente ha come prima cosa da dire “Ah, come la Paulina di Delitto e castigo di Dostoevskij” come se non avesse mai conosciuto una Paulina in vita sua, potevo magari capire un Filippovna e pensare alla Nastasija Filippovna ne L’Idiota, sempre di Dostoevskij. Filippovna diamine, altro che Paulina. In altri casi invece addirittura le ripete, giusto per essere sicuro che lo spettatore abbia capito e che non si pensi mai che lui sia un regista di quelli ignoranti eh, e allora ripetiamo per due volte nel film “Si dice che Feuerbach abbia sempre voluto scrivere un romanzo sul nulla ma non vi sia mai riuscito”, e poi alla fine ti rendi conto che l’unica cosa a non essere basata sul nulla e al non darti nulla, sia proprio il film che hai sotto gli occhi. Non essendoci una forte trama centrale ed avendo sequenze e musiche bellissime si, ma molto scialbe, il ritmo ti stende soporificamente, sempre ammesso che tu non abbia ancora i conati di vomito per la recitazione: 4.

-Extra

Un punto in meno per ogni grande boiata:
  1. La questione del toro che da il cornuto all’asino, questo film mi sa proprio di una grandissima, scusate il termine, “paraculata” per cercare di mettersi dall’altro lato ma senza riuscirci, continuando a mangiare nel piatto in cui si sta sputando.
  2. L’estrema ambizione, voleva fare un film che raccogliesse la stupefacenza foto-narrativa di 8 ½ e l’immenso fascino romano di La dolce vita, dimenticandosi però che sono i due capolavori più assoluti del forse più grande regista italiano mai vissuto, mentre lui è uno che ha fatto un cameo interpretando se stesso facendo lo splendido (vedi Boris).
  3. La Ferilli e Verdone.
  4. Delle musiche di tutto il film, quelle che ti rimangono più in testa di tutto il film sono quelle caratterizzate dal tipico “tunz”

Voto totale in decimi: 3,7

Piccola nota aggiuntiva: Una volta scritta la mia ho letto tantissime altre critiche a proposito de La grande bellezza e per il buon 90% ne sono rimasti tutti molto entusiasti. Sarà che non l’ho capito io, sarà che manca qualcosa alla gente, ma se vi sentite curiosi a riguardo andateci pure, chissà..


Il Tarantino

3 commenti:

  1. Una recensione piuttosto infantile. Rinfacci a un regista di non essere Fellini, critica assolutamente vuota perchè valida per tutti. E su cosa si baserebbe, poi, questa accusa di superbia? Su di un paio di innocue citazioni a Fellini... riconosciute e apprezzate affettuosamente da tutte le recensioni concrete e non urlate.

    Io non penso che, autonomamente, ti saresti stracciato le vesti per una citazione in un film. Qui però eri incerto, non avevi un'idea tua, e hai preferito semplicemente adattarti all'opinione della critica. Con risultati grotteschi.

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  2. Flaubert, mon ami. Pas Feuerbach,

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  3. Era "Il giocatore" di Dostoevskij, e sinceramente un nome come "Paulina" in Italia non è usato minimamente, quindi mi sembra abbastanza normale che il protagonista ne rimanga colpito e faccia un riferimento al libro.

    A me questo film è piaciuto molto, e sono rimasta particolarmente delusa che un regista come Tarantino, che amo molto, abbia fatto una critica così feroce e ingiusta.
    Mi sembra strano e triste che non abbia colto la poesia e le metafore del film; un personaggio tanto criticato come quello di verdone è una bellissima metafora: rappresenta il più tipico cittadino Romano, tanto che anche il nome lo vuole caratterizzare così, che dopo aver vissuto una vita amando la propria città ne rimane inconsolabilmente deluso, e forse la ragazza che cercava tanto di conquistare è proprio la rappresentazione di una Roma moderna che lo affascina ma lo ignora e disprezza quello che fa; oppure trovo che la Ferilli sia invece particolarmente azzecata per il suo personaggio, e che proprio il suo essere così romanesca e sfacciata le conferisca maggior realismo e spontaneità, e rende facile capire che Giab la ricerchi proprio perché diversa da tutto l'ambiente falso e impreziosito che frequenta. Forse sì, ci possono essere delle pecche sulla recitazione, ma ritengo che il regista sia stato talmente abile da renderlo estremamente poetico e intenso.

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