venerdì 7 giugno 2013

"Kill Bill", by Quentin Tarantino



“If u’re gonna compare a Hanzo sword you compare it to every other sword ever made, wasn’t made, by Hattori Hanzo”. Ora, sostituite “sword” con “film” e “Hattori Hanzo” con “Quentin Tarantino” e avrete chiaro il punto della situazione.

So che la mia recensione potrebbe sembrare non imparziale, ma è davvero difficile parlare male e senza entusiasmo di una delle opere migliori del probabilmente miglior regista vivente.

Kill Bill è un film del 2003/2004 scritto e diretto da, appunto, Quentin Jerome Tarantino (suo quarto lavoro). Pensato di primo stampo come una pellicola unica, la Miramax “consigliò” al regista di Knoxville o di tagliare delle scene o di dividerlo in due parti, inutile dirvi quale sia stata poi la decisione finale. A tal movente, recensirò i due volumi valutandoli come lavoro unico.

-Trama

Beatrix Kiddo (Uma Thurman) è un killer professionista di alto rango, membro del D.V.A.S. Team (Dead Viper Assassination Squad), nonchè amante del pilastro portante della squadra, Bill (David Carradine). Durante una missione omicida, scopre di essere incinta di Bill, decidendo di abbandonare la sua vita da killer per il bene del suo bambino. Fugge dunque in Texas, ad El Paso, cambiando nome in Arlene Macchiavelli e maritandosi con il proprietario di un negozio di dischi. Bill però, che nel frattempo era riuscito a rintracciarla, irrompe durante le prove del matrimonio, dando il via all’ormai leggendario “Massacro dei due pini”. Durante il massacro infatti, i restanti cinque membri del D.V.A.S. eliminano tutti: futuro marito, parroco, moglie del parroco, amici degli sposi e persino il pianista (interpretato dal signor Samuel L. Jackson). Il colpo di grazia alla sposa è però affidato a Bill il quale, probabilmente vittima inconscia dei suoi ancor vivi sentimenti, fallisce il colpo sparandone uno non fatale al cranio di Beatrix, non uccidendola dunque, ma mandandola in coma. Il coma di Kiddo dura ben 4 anni, al suo risveglio scopre di aver perso il bambino e decide dunque di iniziare una lunga, scalare e manifestata opera di vendetta verso i suoi ex compagni, lasciando per ultimo della lista proprio Bill.
Per quanto possa la trama essere di stampo nippo-martial-trash-splatter, la sua strutturazione ad intreccio la rende estremamente godibile, rendendosi appassionante sia per lo svolgersi della vicenda principale, ossia quella della vendetta di Beatrix, sia perchè con l’andare avanti della storia lo spettatore è portato sempre più a voler conoscere i dettagli del prologo antecedente al coma: il passato di Kiddo, il suo rapporto con Bill, la sua evoluzione come killer e così via. Ad arricchire il tutto un intreccio di metafore originali e riflessive in completa adiacenza alla storia, ad esempio l’affiancamento della personalità di Kiddo con la “metafora del supereroe” di Bill, o come poi le paure di Beatrix sulla forma mentis della figlia effettivamente emergano nei pochi minuti in cui compare B.B. (La figlia, appunto). Strano è effettivamente vedere una bambina di 4 anni parlare così scioltamente del rapporto vita-morte in riferimento alla vicenda del pesce rosso Emilio, sua prima vittima, o come abbia tra i suoi film preferiti Shogun Assassin, film genere jidaigeki davvero ma davvero violento (per chi non l’abbia visto, fidatevi, vedetelo). Volendo quindi partire da un 6 per la trama avvincente, pulita e senza buchi, attribuendole un +2 per l’ottimo lavoro svolto nell’intreccio e un +1 per le bellissime aggiunte che ti fanno comprendere appieno la non banalità e la profondità filosofica della vicenda, un 9 non mi sembra eccessivo.

-Soundtrack

Scusate, ma sarò lungo.

In un’intervista recente, postuma alla collaborazione con Tarantino per Django Unchained, Morricone ha dichiarato di non voler più lavorare con l’americano in quanto non segua, a suo avviso, un filo coerente musicale. Per chi non conoscesse Ennio Morricone, è un noto compositore e direttore d’orchestra specializzato in colonne sonore per il grande schermo, probabilmente il più grande mai esistito del suo settore, storicamente attribuito alle leggendarie collaborazioni col suo concittadino romano Sergio Leone (leggenda vuole che i due fossero compagni di banco, mi pare alle medie) e Sergio Corbucci. Proprio come me, Tarantino è un suo grandisismo ammiratore e ce lo dimostra in ogni sua pellicola, inserendo dei grandi capolavori del maestro romano estratti da lavori passati, quasi sempre western. Ricordo in un’intervista a Leone che lui stesso definiva il compositore un po severo, perchè molto dedito ed innamoato del suo lavoro, e credo sia per questo che forse il mix di classica e commerciale utilizzato da Tarantino faccia storcere un po il naso a Morricone, ma non perchè quest’ultimo non sappia apprezzare il contrasto, bensì a mio avviso unicamente per la profonda religiosità che il maestro attribuisce al suo lavoro e all’importanza coerentemente pilastrale che le sue opere dovrebbero meritatamente avere in ogni film nel quale vengono utilizzate. Detto ciò per evitare di pormi in opinione contrastante ad uno dei miei idoli indiscussi, posso liberamente dichiarare che la collezione di musiche che vanno a comporre il soundtrack di Kill Bill è a mio avviso la più bella colonna sonora non originale mai avuta in un film, e perdonatemi ma dovrò citare parecchi esempi per evitare che mi diate torto. Partiamo proprio dall’inizio, Bang bang di Nancy Sinatra, che già da sola potrebbe essere ascoltata all’infinito, messa in un’apertura dandole un senso così profondo e di inerenza al contesto riesce a darci addirittura di più di quanto la figlia del leggendario Frank non volesse già. Oppure la sequenza di animazione delle origini di O’ren (Lucy Liu), a cura dei Production I.G. (famosi per Ghost in the shell), accompagnata da un’estratto del grandissimo (e ormai dimenticato) Luis Bacalov, originariamente colonna sonora de Il grande duello (Giancarlo Santi) e spezzato in due parti, nel cui mezzo piomba I lunghi giorni della vendetta del defunto da poco maestro Armando Trovajoli, che dire.. Oppure la scena della morte di Bill, accompagnata e resa indimenticabile dal drammaticissimo Navajo Joe, sempre di Morricone, e soprattutto l’arena, estratto da Il mercenario (Sergio Corbucci), scena a cui Tarantino ha gia fatto ben quattro citazioni in tre film diversi (Il roteare delle bolas, uguale a quello di Gogo in Kill Bill, L’apertura del pezzo di accompagnamento usato in Inglorious Basterds nella scena che dà l’entrata dell’orso ebreo, la seconda parte dello stesso pezzo, presente sempre in Kill Bill nella scena in cui Beatrix si libera dalla tomba di Paula Schultz e la scena della morte del “riccio” nel film di Corbucci, praticamente identica a quella della morte di Calvin Candie, interpretato da Leonardo DiCaprio, in Django unchained). E in mezzo a questi pezzi storici cascano pezzoni come The green Hornet di Al Hirt, o la straziante About her di Malcolm McLaren, per poi non parlare del Twisted Nerve di Bernand Herrmann, diventato ormai leggendario (e mia attuale suoneria). I pezzi sono tanti, tutti fantastici e nessuno messo li a caso, vorrei citarli tutti, davvero, ma rischierei di annoiarvi ed è tra le mie ultime intenzioni. Spero solo non abbiate nulla da ridire ma data la scelta spasmodica e accurata, la qualità dei brani e l’amore per il cinema che traspirano, se non do un 10 al soundtrack di Kill Bill, non so davvero dove altro metterlo.

-Fotografia

La fotografia è semplice ma eccelsa. Da molti criticata ad esempio per il sangue “troppo finto” (in particolare nel primo volume), o per la bassezza degli effetti speciali sempre inerenti al capitolo “Resa dei conti alla casa delle foglie blu” ma il punto è che, proprio come in Grindhouse: Deathproof lo stile adottato da Tarantino vuole essere esplicitamente di stampo inerente al genere di riferimento. Essendo infatti il primo capitolo per la maggior parte riguardante O’ren di ispirazione dichiaratamente jidaigeki, ne prende tutte le sembianze, da quelle più poetiche (la mancanza di armi da fuoco, lo scontro di spade sotto la neve) a quelle più irreali, come l’eccessiva marcatura del rosso del sangue, gli spruzzi emorragici selvaggi o gli arti tagliati palesemente finti, vedi la scena della mozzatura del braccio di Sophie Fatal (Julie Dreyfus, grande amica di Quentin, la quale omaggerà dando il suo cognome alla protagonista di Inglorious Basterds, Shoshanna Dreyfus). Tutti questi sono aspetti che non vanno a far perdere, ma ad elevare una prestazione fotografica così coraggiosamente anti-avanguardista e quasi melanconica (e io direi che dovreste quasi rigraziare la qualità degli effetti speciali, dato che nei jidaigeki veri erano davvero ma davvero pessimi, ma se ascolterete il mio consiglio e andrete a vedere Shogun Assassin ve ne accorgerete poi voi stessi). Passato questo punto, le rare paesaggistiche fanno il loro dovere, da notare i contrasti e le scelte dei colori. Altra piccola nota positiva la sequenza animata a cura del già citato gruppo Production I.G., molto aderente all’ambience di degrado, animazioni più curate e candide alla Miyazaki (Il castello errante di Howl, Il Porco rosso, memorabile per la battuta “Meglio porco che fascista”) avrebbero distolto troppo da quella che sarebbe stata l’atmosfera voluta dal regista ed a mio avviso azzeccatissima, 8.

-Recitazione

Il cast di Kill Bill è superbo, recitazione eccezionale e senza sbavature dalle comparse ai main characters. Il perfezionismo e la precisione metodica di Tarantino, come in tutte le sue opere (è riuscito a far recitare bene persino Bruce Willis in Pulp Fiction, ricordiamocelo) si riperquote anche qui. Persino un attore che, diciamo così, non gode proprio della mia stima come David Carradine (Bill), qui riesce ad impersonare un personaggio altamente carismatico e dal fascino magnetico. Una delle interpretazioni più leggendarie della pellicola è senz'altro quella di Elle Driver (Daryl Hannah, forse la ricorderete nelle vesti della replicante Pris in Blade Runner), ormai un'icona, con la sua benda e il suo "bellissimo occhio blu", la sua pura malvagità e soprattutto, il suo Twisterd nerve fischiettato.

.Il Migliore: All’inizio ero molto indeciso sul vincitore del titolo, molto conteso tra Michael Madsen (Budd) e Michael Parks (nel secondo capitolo, nel ruolo di Esteban Vihaio). Michael Madsen da solo con la sua interpretazione vale il prezzo del biglietto, voglio dire, più che eccellente. Sia per la bipolarità del personaggio, sia per i dettagli espressivi ma paga la troppa somiglianza con il suo ruolo nell’ ultimo lavoro con Quentin : Mr. Blonde in Reservoir Dogs. Entrambi parti incise a fuoco nella storia del cinema, ma entrambe tanto simili, e questo vale quel centesimo di punto in meno che fa invece esaltare la performance dell’allora 63enne Michael Parks. Esteban Vihaio, Vihaio è di quelle interpretazioni che ogni tanto si fanno cercare su youtube solo perchè hai voglia di rivedere, è di quelle che più in alto c’è poco e niente. Esteban Vihaio è di quelle parti in cui non riconosci l’attore se non nei titoli di coda (a meno che tu non sia un suo fan), è di quei personaggi che compare in appena 5 minuti di film ma che hanno una presenza così imponente che non ti si levano più dalla testa, e Michael Parks te la fa esaltare in maniera sublime, dal dettaglio dell’accento a quello della palpebra ballerina, leccornioso.

.Il peggiore: “Il peggiore” detto in questo caso mi sa di troppo grave, quindi facciamo che definiamo Sophie Fatal (Julie Dreyfus) la “meno meglio”. Ruolo recitato si bene, simpatica anche la scena in flashback del pestaggio della sposa con lei che cinicamente risponde al telefono (Moshi moshi), è solo che il suo personaggio non da quanto potrebbe, è quello che mi è essenzialmente piaciuto di meno, persino meno dell’aiutante di Budd nello scavare la fossa a Beatrix.

Recitazione quindi tuttavia superba, partiamo da un 6, +2 per Parks e Madsen, +1 per una Thurman che raramente riesce a farci emozionare come attrice ma che qui sa il fatto suo. Quindi un bel 9, e sono stato pure severo.

-Ritmo

Vi dico solo che ogni tanto, quando mi viene voglia di rivedere una scena del film, una volta aperto il video e trovata la scena quando finisce proprio non riesco a chiudere, devo vederlo, lo so già a memoria, ogni battuta, ogni fotosequenza, ma devo vederlo. E’ di quei ritmi così coinvolgenti e così “presobene” che per interrompere prima che finisca devi essere davvero un deviato mentale (o un emofobo). Sono più di quattro ore di film, ma hai voglia di vederlo tutto, sempre, fino alla fine. Complice le musiche, complice la trama a scalare, complice le interpretazioni e le citazioni, è emozionante dal primo all’ultimo secondo, e non puoi non amarlo, 10.

-Extra

Ho sempre reputato Quentin uno di quei registi che unisce le folle: chi di cinema non ci capisce molto apprezza la violenza delle scene e delle trame, chi la mattina a colazione mangia pellicole e a cena proiettori lo ama per l’intrinsichezza del tutto e per le grandi citazioni, dalle più facilmente afferrabili a quelle che solo veri appassionati come lui afferrerebbero. A differenza invece di altri registi si leggendari, ma che i non appassionati spesso snobbano (errando, per carità) come Kubrick o Bergman, Hitchcock, Fellini e via. E’ un cinefilo che fa film per cinefili e non, e non amarlo è impossibile. Reputo Kill Bill forse il suo lavoro migliore, è ormai una pietra miliare del cinema, è già oggetto di studio alle facoltà di cinema, è uno di quei film che bisogna vedere almeno una dozzina di volte nella vita, non odiatemi, ma meno del massimo non so dargli, +10.

Totale, un bell’ 11,2 su 10, ehhh già, e non me ne pento.

Se non l’avete ancora visto, non capisco a quale scopo stiate ancora vivendo.


Il Tarantino


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