mercoledì 29 maggio 2013

"The Game", by David Fincher



Avete mai ascoltato “White Rabbit” dei Jefferson Airplanes? Se non l'avete ancora ascoltata prendetevi 2 min e mezzo e fatelo. Oggettivamente non trovo una metafora migliore di “White Rabbit” per descrivere “The Game”, un film incentrato sul ritmo e sulla psicologia, che parte lento, lentissimo e accelera sempre di più fino ad arrivare ad una conclusione improvvisa.
Uscito fra i ben più celebri e lodati “Se7en” e “Fight Club” (entrambi di Fincher) “The Game” non riscuote un successo pari a quello del suo predecessore, ne tanto meno quello del suo successore, forse immeritatamente. Ma andiamo subito ad analizzare nel dettaglio “The Game – Nessuna regola”

-Trama

la trama è interessante, forse l'unica scenografia intelligente del duo Brancato-Ferris (anche se sospetto che Fincher ci abbia messo lo zampino più volte nel corso della stesura).
A un uomo d'affari (Michael Douglas) ricco oltre ogni dire e annoiatissimo (oltre che essere un gran bastardo) viene regalata una particolare tessera di iscrizione ad un club esclusivo in occasione del suo compleanno dal fratello (Sean Penn). Il club si propone di poter creare dei giochi di ruolo personalizzati per movimentare la sua noiosissima vita. Titubante il nostro Nicholas accetta, firma liberatorie e viene sottoposto a test psicologici e riguardanti la sua personalità. Il gioco può cominciare in ogni momento a partire da quel giorno, gli viene detto. E infatti comincia senza preavviso, e dopo aver ricevuto una telefonata dal club che gli comunica che la sua richiesta è stata respinta. Piano piano il gioco si appropria della vita di Nicholas, trova delle chiavi, incontra una donna (Deborah Unger), incontra il fratello che sembra impazzito, gli dice che il club gli sta rubando la vita, si sono presi tutti i suoi dati, gli hanno svuotato i conti e non ha più un soldo. Nicholas inizia a non fidarsi più di nessuno. Tutto sembra finto, costruito finchè non capisce la cruda realtà: il club si è preso tutta la sua vita, i suoi soldi, la sua identità ricavando la sua firma dalle liberatorie e servendosi dei test per ottenere tutte le sue password bancarie, ed ora che l'ha spremuto come un limone vuole sbarazzarsi di lui. Stupidamente si fida della donna incontrata pochi giorni prima e quando si accorge della sua vera identità è troppo tardi. Viene drogato, spogliato dei suoi averi e lasciato in Messico senza documenti né soldi. Vendendo l'orologio di suo padre riesce a tornare a casa e progetta la sua vendetta. Il finale? Guardate il film. In questo caso uno spoiler sarebbe una violenza. 2 o 3 colpi di scena concatenati e si arriva agli ultimi 10 minuti del film che non convincono quanto il resto della trama e forse si potevano pensare meglio. In conclusione? Voto: 8

-Soundtrack 

Nella colonna sonora spicca sempre il pianoforte. La colonna sonora originale segue il ritmo dell'azione e accentua in maniera incisiva la forza psicologica del film. Forse un po' monotono alla lunga ma senza dubbio delle tracce azzeccate, anche se non memorabili. Un 7,5 che diventa un 8 per la scelta di inserire “White Rabbit” nei titoli di coda, grande idea. Voto: 8

-Fotografia 

La fotografia fa il suo lavoro ma non è di certo il punto forte di questo film. Abbastanza accademica con qualche pecca, come filtri freddi troppo accentuati (stessa cosa per quelli caldi nelle scene in Messico) e inquadrature talvolta non significative. Buona la sequenza girata dall'alto in casa di Christine (Deborah Unger). Voto: 6,5


-Recitazione 

Attori di calibro come Michael Douglas e Sean Penn sfoggiano recitazioni all'altezza dei loro nomi, soprattutto Douglas che riesce a trasmetterci l'ansia e la rabbia del protagonista nel quale ci immedesimiamo senza sforzo. Penn bravo a nell'interpretare il momento di follia paranoica del fratello Conrad ma si vede poco nel corso del film, non che sia una pecca, sia chiaro. La sua parte era quella e non è lui il protagonista, diciamo però che non è un film in cui ricordiamo “un grande Sean Penn”. Gli altri attori tutti qualificati, degno di nota l'impiegato dell'organizzazione-club che si rivela essere un attore (nella trama), molto convincente. La Unger forse un po' legnosa... ma andiamo subito a vedere nel dettaglio...

.Il Migliore:
Michael Douglas. Senza dubbio un ottima interpretazione nelle scene di rabbia, paranoia e bastardo al punto giusto quando deve licenziare una brava persona. Realistico.

.Il Peggiore:
Deborah Unger. Recita la sua parte, sì. Ma non convince. Bella e tutto il resto ma dall'espressività facciale di un blocco di tufo, inganna il protagonista ma non lo spettatore al quale vien da dire “avanti Nicholas, non hai visto che recitava?”. Finta.

Due attori agli antipodi della recitazione,eufemisticamente parlando naturalmente, la performance della Unger non è così disastrosa ma se uno è “realistico” e l'altra è “finta” è un segnale importante da non sottovalutare. Forse un casting più accurato sul ruolo femminile sarebbe stato utile. Voto. 7,5

-Ritmo 

Il punto di forza del film. Un climax di tensione, azione, paranoia. Il film comincia lentissimo, vediamo la vita noiosa di Nicholas, poi i test al club, scene che dopo un po' ci fanno temere di stare per assistere a un film noioso. Poi il gioco comincia e da quel momento in poi il susseguirsi delle vicende è sempre più rapido e incessante fino al finale quasi inaspettato, brutale, brusco, ma forse tirato troppo per le lunghe. Il film potrebbe vivere anche senza gli ultimi 3 minuti prima dei titoli di coda. Si parlava poco prima di “White Rabbit”, il film segue esattamente lo stesso ritmo. Non ottiene l'eccellenza solo per via del finale dove il ritmo rallenta improvvisamente invece di troncarsi veramente di netto, cosa che sarebbe stata l'ideale. Voto: 9

-Extra

“The Game” non merita la poca attenzione che gli è stata dedicata (e questo gli da un punto bonus, magari se prende un buon voto qualcuno se lo guarda) inoltre lascia allo spettatore un senso di ansia e paranoia, lo stesso che vive il protagonista. Quando finisce ci sembra che non sia finito. Che il film stia continuando da qualche parte, forse dentro di noi, difficile da spiegare. Un film così coinvolgente merita di essere visto e merita un altro punto bonus. Non un capolavoro, ma lo consiglio caldamente. Bonus +2

ricapitolando: “The Game – Nessuna regola” totalizza un punteggio complessivo in decimi di 8


Come detto non un capolavoro ma un film godibile e coinvolgente. Da vedere.

Il Tambu

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