venerdì 24 maggio 2013

"Night train to Lisbon", By Billie August



Tratto dall’ omonimo libro risalente al “recente” 2007 (che sono riuscito a procurarmi con non troppa fatica) “Treno di notte per Lisbona”, come tutti i film a sceneggiatura non originale non rende onore allo scrittore primario. Premetto che era un film su cui avevo aspettative comunque molto basse, nonostante l’Oscar come migliore film straniero a Bille August nell’ormai lontano 1988 (Pelle alla conquista del mondo), forse perché è un film che trasuda “hipsteria” da tutti i fotogrammi: vedi il titolo, vedi la location, vedi il soggetto. Volendo citare un mio amico “E’ un film così hipster da non avere neanche una pagina su Wikipedia”.

-Trama

Ci sono storie che riescono ad esprimere a pieno il loro fascino solo se estese come da dovere, su carta. Questo è il caso di Treno di notte per Lisbona. August mette da parte molti di quelli che sono i dettagli e le giustificazioni che il libro da (e anche molto bene), sbagliando a mio avviso bellamente, e fornisce una storia a tratti irreale ed incomprensibile.
La storia, molto in sintesi,  parla di un professore di latino di Berna, Raimund Gregorius, che decide di abbandonare la sua vita noiosa e monotona per ritrovare una donna di cui non sa nulla, conosciuta per caso mentre cercava di suicidarsi, partendo così per Lisbona e abbandonando la sua vita e il suo lavoro. Dentro un cappotto dimenticato dalla donna scopre poi un libro che inizia a leggere e dal quale viene molto affascinato, il che lo porterà ad indagare sulle origini dell’autore giungendo nella capitale portoghese.
Ora, come già preannunciato la trama presenta molteplici buchi, ad esempio non capisco come mai dopo il salvataggio della donna non si veda una sola scena di dialogo tra i due mentre si dirigono verso la scuola. Voglio dire, “ciao, mi chiamo Raimund. come mai oggi hai deciso, non so, di suicidarti?”. In realtà nel libro questi dialoghi vengono trattati eccome, e come esempio potremmo prendere proprio l’appena citato caso del (fondamentale) dialogo durante il percorso nel quale, sempre e solo nel libro, il nostro prof si invaghisce della bella portoghese e del suo (secondo lui eh) sensualissimo accento. E’ normale dunque che lo spettatore si senta piuttosto spaesato di fronte a delle scelte di norma emblematiche ma prese così alla leggera e così male da un professore che si presenta come un asso della logica (il film si apre col prof che gioca una partita a scacchi in solitaria, ma quando poi vedi le discutibili decisioni che prende durante il film capisci che forse gioca da solo perché altrimenti verrebbe umiliato anche da una scimmia orba). Credetemi gli esempi sono davvero tantissimi, non ne riporto di più solo perché spiegare i contesti sarebbe estenuante per le mie dita e per i vostri occhi.
Come per Gatsby, decidendo di valutare i film e non i libri giudico la trama per quello che offre il regista e null’altro. Perciò il verdetto dichiara August colpevole di buco nell’acqua, e grosso anche. Anche se a tratti riesce forse quasi a farti interessare alla vicenda, sviluppata devo dire su alcuni intrecci in flashback non troppo banali, gli enormi buchi di trama rendono la sufficienza inammissibile, 5,5.

-Soundtrack

La colonna sonora è ok, non troppo incisiva, arriva e va via che non te ne accorgi e forse è meglio così. Tenendosi sempre sul classico, quasi sempre sul pianoforte, non riesce ad aiutare il film nel suo fallito tentativo di coinvolgimento. C’è da dire che probabilmente la pellicola non merita un soundtrack migliore, è adatto alla base piatta del pathos che offrono tutti i 111 minuti offerti dal regista danese, un 7 solo per la coerenza col visivo e per la mancanza di sbavature nel sound-mixing.
-Fotografia
Basata per la maggior parte sui colori caldi tipici del Portogallo, la fotografia riesce a tratti rari a regalare emozioni, a tratti più frequenti a fare addormentare. Il problema è che ad oggi è difficile trovare un film con una fotografia al di sotto della sufficienza perché forse nelle scuole di cinema odierne insegnano solo quello. Come per il soundtrack è ok, nulla troppo degno di stima e nulla troppo degno di polemica. Poteva esser fatto meglio, soprattutto con gli scenari che offre Lisbona, 6.

-Recitazione

L’appunto più degno di nota del film. Ammettendo di non aver visto il trailer in precedenza ma solo una locandina molto alla lontana, mi son divertito molto a scoprire gli attori man mano che facevano la loro comparsa sullo schermo. A partire da quella di Christopher Lee (famoso al mondo ormai come Saruman), passando da August Diehl (il capitano tremendo di Bastardi senza gloria che scatena la carneficina nel bar), Melanie Laurent (Shoshanna Dreyfus, sempre di Bastardi senza gloria), quel gran figo di Bruno Ganz (Hitler ne La Caduta) e Lena Olin (Josephine in Chocolat).
Jeremy Irons (il nostro protagonista) dopo Ganz è forse il più esperto tra i suoi colleghi, ha un ruolo non difficile e lo interpreta bene, non andando troppo lontano dal suo caratterista però. Bravo si, ma nulla di nuovo. Stessa cosa per Melanie Laurent, già rodata nei panni della femme fatale di turno come in Bastardi senza gloria e Il concerto, non offre nulla di innovativo oltre al colore dei capelli. Brava, bravissima, ma attendo che le venga assegnato un ruolo che dia modo di far capire se le sue doti siano limitate a quella personalità o se possa andare, come spero, ben oltre.
Nessuna interpretazione è riuscita a farmi entusiasmare più di tanto. La storia è sempre la stessa : attori bravi si, ma nulla di eccezionale. Un solo appunto: tra le mie molte predilezioni per i dettagli, ho quella della scelta della lingua di interpretazione. Un esempio molto banale è quando in una scena di un film ci sono due persone di una stessa nazionalità, ad esempio russa, che parlano tra loro e lo fanno in inglese. Cioè no, parlano russo dannazione, russo, non inglese, non lo parlano neanche con gli inglesi figuriamoci da soli, e dai. Ora, questo mio pallino è una delle tante motivazioni che predilige la mia scelta di guardare i film in lingua originale ma, ahimè, nei cinema italiani ciò non è possibile (*moccoli variopinti) e quindi Treno di notte per Lisbona l’ho dovuto vedere doppiato in italiano. Dal labbiale però sono riuscito ad evincere che più o meno tutto il film è stato girato in lingua inglese, e non va bene. A Berna parlano inglese tra di loro mentre dovrebbero parlare tedesco, a Lisbona parlano inglese tra di loro mentre dovrebbero parlare portoghese, o un inglese arrangiato tra il prof e i locali, perché che non me ne vogliano i portoghesi, ma io vi sfido a trovare un anziano prete lisbonese che ti parla inglese come un 91enne nato a Westminster e cresciuto a Londra (e bene sì, Sir C. Lee ha 91 anni). No, non si fa così, errore ormai onnipresente in ogni pellicola, ma pur sempre un erroraccio che a me fa storcere molto il naso.

.Il migliore: Come già detto, nessuno degno di nota. Se non per un’interpretazione, una piccolissima comparsa che però mi ha strappato un sorrisetto : il becchino del cimitero. Non so se sia stato voluto, se sia stata solo un’impressione dovuta dalla mezza battuta che dice oppure no, ma il becchino del cimitero sembra davvero l’unico personaggio portoghese che ha a che fare con uno che parla solo latino e tedesco (e forse inglese). Infatti il prof gli chiede dove sia la tomba di Amadeu De Pradu e il becchino sembra non ci capisca un accidente se non il nome, gli indica la tomba dicendogli “De Pradu”, e poi torna a fare il suo lavoro. È un nulla, probabilmente sarà anche stato un becchino vero ma quei 2/3 secondi in cui appare mi hanno fatto piacere, idolo.

.Il peggiore: La sorella di Amadeu, da giovane, interpretata da una certa Beatriz Batarda. Pessima, pessima davvero. Esordisce tristemente con una battuta al cimitero degna del teatro più finto, riappare poi quando stava per crepare (e sarebbe stato meglio se ci avesse lasciato le penne) e forse solo qui riesce ad interpretare una parte quasi decente (complice il trucco), ma poi ricasca in una performance davvero squallida quando..ehm..piange(?) per la partenza di Amadeu.
Voto totale 7,5, unicamente perchè mi è piaciuta molto la scelta del cast (Batarda a parte). Perde un pò di valutazione anche per la mancanza, per l’appunto, di anche solo un personaggio capace di far esaltare una recitazione fenomenale, e per la scelta dell’attrice di Estefania da vecchia, interpretata negli anni 70 da Melanie Laurent che dimostra 30 anni, nel 2013 Lena Olin che non ne dimostra più di 45/50..dai ma sei serio? Jorge lo fai fare prima da Diehl (classe 76) e poi da Ganz (1941) che nel film dimostrano un gap di invecchiamento notevole e poi, Estefania..mah.

-Ritmo

Come già detto il film non coinvolge, nonostante la trama a tratti intrecciata non ti da troppa voglia di scoprirne di più. La musica non aiuta, le motivazioni non sussistono e il risultato è che non vedi l’ora che finisca. Ah il finale, per l’appunto..Siamo sicuri che si possa definire tale? E’ vuoto, un film vuoto All’inizio ti attira con interessanti osservazioni filosofiche per poi diramarsi nella vita dello scrittore. Perde il filo, non va in profondità a nulla, perde il senso e ti fa perdere la voglia. Un blando 5.

-Extra

Nonostante sia un film non di spessore, forse qualcosina te la può lasciare, ma forse anche no. E’ di ottica molto soggettiva, ricco di dettagli positivi così come di negativi. A tal movente non mi sento di regalare alcun punto in più, tantomeno sottrarne alcuno, è un film che ti viene addosso e ti trapassa senza lasciarti nulla, proprio come il mio extra : da -10 a +10 un bello 0.
In conclusione, aritmicamente si guadagna in decimi un bel 6.2.
Sufficienza risicata, meritata e su misura. Suggerisco comunque di vederlo perché ripeto, è di gusti molto soggettivi, magari vi lascia qualcosa, magari no.


Il Tarantino

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