Tratto dall’
omonimo libro risalente al “recente” 2007 (che sono riuscito a procurarmi con
non troppa fatica) “Treno di notte per Lisbona”, come tutti i film a
sceneggiatura non originale non rende onore allo scrittore primario. Premetto
che era un film su cui avevo aspettative comunque molto basse, nonostante
l’Oscar come migliore film straniero a Bille August nell’ormai lontano 1988 (Pelle alla conquista del mondo), forse
perché è un film che trasuda “hipsteria” da tutti i fotogrammi: vedi il titolo,
vedi la location, vedi il soggetto. Volendo citare un mio amico “E’ un film
così hipster da non avere neanche una pagina su Wikipedia”.
-Trama
Ci sono storie
che riescono ad esprimere a pieno il loro fascino solo se estese come da
dovere, su carta. Questo è il caso di Treno di notte per Lisbona. August mette
da parte molti di quelli che sono i dettagli e le giustificazioni che il libro
da (e anche molto bene), sbagliando a mio avviso bellamente, e fornisce una
storia a tratti irreale ed incomprensibile.
La storia, molto
in sintesi, parla di un professore di
latino di Berna, Raimund Gregorius, che decide
di abbandonare la sua vita noiosa e monotona per ritrovare una donna di cui non
sa nulla, conosciuta per caso mentre cercava di suicidarsi, partendo così per Lisbona
e abbandonando la sua vita e il suo lavoro. Dentro un cappotto dimenticato
dalla donna scopre poi un libro che inizia a leggere e dal quale viene molto
affascinato, il che lo porterà ad indagare sulle origini dell’autore giungendo
nella capitale portoghese.
Ora, come già
preannunciato la trama presenta molteplici buchi, ad esempio non capisco come
mai dopo il salvataggio della donna non si veda una sola scena di dialogo tra i
due mentre si dirigono verso la scuola. Voglio dire, “ciao, mi chiamo Raimund.
come mai oggi hai deciso, non so, di suicidarti?”. In realtà nel libro questi
dialoghi vengono trattati eccome, e come esempio potremmo prendere proprio
l’appena citato caso del (fondamentale) dialogo durante il percorso nel quale,
sempre e solo nel libro, il nostro prof si invaghisce della bella portoghese e
del suo (secondo lui eh) sensualissimo accento. E’ normale dunque che lo
spettatore si senta piuttosto spaesato di fronte a delle scelte di norma
emblematiche ma prese così alla leggera e così male da un professore che si
presenta come un asso della logica (il film si apre col prof che gioca una
partita a scacchi in solitaria, ma quando poi vedi le discutibili decisioni che
prende durante il film capisci che forse gioca da solo perché altrimenti verrebbe
umiliato anche da una scimmia orba). Credetemi gli esempi sono davvero
tantissimi, non ne riporto di più solo perché spiegare i contesti sarebbe
estenuante per le mie dita e per i vostri occhi.
Come per Gatsby,
decidendo di valutare i film e non i libri giudico la trama per quello che
offre il regista e null’altro. Perciò il verdetto dichiara August colpevole di
buco nell’acqua, e grosso anche. Anche se a tratti riesce forse quasi a farti
interessare alla vicenda, sviluppata devo dire su alcuni intrecci in flashback
non troppo banali, gli enormi buchi di trama rendono la sufficienza
inammissibile, 5,5.
-Soundtrack
La colonna
sonora è ok, non troppo incisiva, arriva e va via che non te ne accorgi e forse
è meglio così. Tenendosi sempre sul classico, quasi sempre sul pianoforte, non
riesce ad aiutare il film nel suo fallito tentativo di coinvolgimento. C’è da
dire che probabilmente la pellicola non merita un soundtrack migliore, è adatto
alla base piatta del pathos che offrono tutti i 111 minuti offerti dal regista
danese, un 7 solo per la coerenza col visivo e per la mancanza di sbavature nel
sound-mixing.
-Fotografia
Basata per la
maggior parte sui colori caldi tipici del Portogallo, la fotografia riesce a
tratti rari a regalare emozioni, a tratti più frequenti a fare addormentare. Il
problema è che ad oggi è difficile trovare un film con una fotografia al di
sotto della sufficienza perché forse nelle scuole di cinema odierne insegnano
solo quello. Come per il soundtrack è ok, nulla troppo degno di stima e nulla
troppo degno di polemica. Poteva esser fatto meglio, soprattutto con gli
scenari che offre Lisbona, 6.
-Recitazione
L’appunto più
degno di nota del film. Ammettendo di non aver visto il trailer in precedenza
ma solo una locandina molto alla lontana, mi son divertito molto a scoprire gli
attori man mano che facevano la loro comparsa sullo schermo. A partire da
quella di Christopher Lee (famoso al mondo ormai come Saruman), passando da
August Diehl (il capitano tremendo di Bastardi
senza gloria che scatena la carneficina nel bar), Melanie Laurent
(Shoshanna Dreyfus, sempre di Bastardi
senza gloria), quel gran figo di Bruno Ganz (Hitler ne La Caduta) e Lena Olin (Josephine in Chocolat).
Jeremy Irons (il
nostro protagonista) dopo Ganz è forse il più esperto tra i suoi colleghi, ha
un ruolo non difficile e lo interpreta bene, non andando troppo lontano dal suo
caratterista però. Bravo si, ma nulla di nuovo. Stessa cosa per Melanie
Laurent, già rodata nei panni della femme fatale di turno come in Bastardi senza gloria e Il concerto, non offre nulla di
innovativo oltre al colore dei capelli. Brava, bravissima, ma attendo che le
venga assegnato un ruolo che dia modo di far capire se le sue doti siano
limitate a quella personalità o se possa andare, come spero, ben oltre.
Nessuna
interpretazione è riuscita a farmi entusiasmare più di tanto. La storia è
sempre la stessa : attori bravi si, ma nulla di eccezionale. Un solo appunto:
tra le mie molte predilezioni per i dettagli, ho quella della scelta della
lingua di interpretazione. Un esempio molto banale è quando in una scena di un
film ci sono due persone di una stessa nazionalità, ad esempio russa, che
parlano tra loro e lo fanno in inglese. Cioè no, parlano russo dannazione,
russo, non inglese, non lo parlano neanche con gli inglesi figuriamoci da soli,
e dai. Ora, questo mio pallino è una delle tante motivazioni che predilige la
mia scelta di guardare i film in lingua originale ma, ahimè, nei cinema
italiani ciò non è possibile (*moccoli variopinti) e quindi Treno di notte per Lisbona l’ho dovuto
vedere doppiato in italiano. Dal labbiale però sono riuscito ad evincere che
più o meno tutto il film è stato girato in lingua inglese, e non va bene. A
Berna parlano inglese tra di loro mentre dovrebbero parlare tedesco, a Lisbona
parlano inglese tra di loro mentre dovrebbero parlare portoghese, o un inglese
arrangiato tra il prof e i locali, perché che non me ne vogliano i portoghesi,
ma io vi sfido a trovare un anziano prete lisbonese che ti parla inglese come
un 91enne nato a Westminster e cresciuto a Londra (e bene sì, Sir C. Lee ha 91
anni). No, non si fa così, errore ormai onnipresente in ogni pellicola, ma pur
sempre un erroraccio che a me fa storcere molto il naso.
.Il migliore:
Come già detto, nessuno degno di nota. Se non per un’interpretazione, una
piccolissima comparsa che però mi ha strappato un sorrisetto : il becchino del
cimitero. Non so se sia stato voluto, se sia stata solo un’impressione dovuta
dalla mezza battuta che dice oppure no, ma il becchino del cimitero sembra
davvero l’unico personaggio portoghese che ha a che fare con uno che parla solo
latino e tedesco (e forse inglese). Infatti il prof gli chiede dove sia la
tomba di Amadeu De Pradu e il becchino sembra non ci capisca un accidente se
non il nome, gli indica la tomba dicendogli “De Pradu”, e poi torna a fare il
suo lavoro. È un nulla, probabilmente sarà anche stato un becchino vero ma quei
2/3 secondi in cui appare mi hanno fatto piacere, idolo.
.Il peggiore: La
sorella di Amadeu, da giovane, interpretata da una certa Beatriz Batarda.
Pessima, pessima davvero. Esordisce tristemente con una battuta al cimitero
degna del teatro più finto, riappare poi quando stava per crepare (e sarebbe
stato meglio se ci avesse lasciato le penne) e forse solo qui riesce ad
interpretare una parte quasi decente (complice il trucco), ma poi ricasca in
una performance davvero squallida quando..ehm..piange(?) per la partenza di
Amadeu.
Voto totale 7,5,
unicamente perchè mi è piaciuta molto la scelta del cast (Batarda a parte).
Perde un pò di valutazione anche per la mancanza, per l’appunto, di anche solo
un personaggio capace di far esaltare una recitazione fenomenale, e per la
scelta dell’attrice di Estefania da vecchia, interpretata negli anni 70 da
Melanie Laurent che dimostra 30 anni, nel 2013 Lena Olin che non ne dimostra
più di 45/50..dai ma sei serio? Jorge lo fai fare prima da Diehl (classe 76) e
poi da Ganz (1941) che nel film dimostrano un gap di invecchiamento notevole e
poi, Estefania..mah.
-Ritmo
Come già detto
il film non coinvolge, nonostante la trama a tratti intrecciata non ti da
troppa voglia di scoprirne di più. La musica non aiuta, le motivazioni non
sussistono e il risultato è che non vedi l’ora che finisca. Ah il finale, per
l’appunto..Siamo sicuri che si possa definire tale? E’ vuoto, un film vuoto
All’inizio ti attira con interessanti osservazioni filosofiche per poi
diramarsi nella vita dello scrittore. Perde il filo, non va in profondità a
nulla, perde il senso e ti fa perdere la voglia. Un blando 5.
-Extra
Nonostante sia
un film non di spessore, forse qualcosina te la può lasciare, ma forse anche
no. E’ di ottica molto soggettiva, ricco di dettagli positivi così come di
negativi. A tal movente non mi sento di regalare alcun punto in più, tantomeno
sottrarne alcuno, è un film che ti viene addosso e ti trapassa senza lasciarti
nulla, proprio come il mio extra : da -10 a +10 un bello 0.
In conclusione,
aritmicamente si guadagna in decimi un bel 6.2.
Sufficienza
risicata, meritata e su misura. Suggerisco comunque di vederlo perché ripeto, è
di gusti molto soggettivi, magari vi lascia qualcosa, magari no.
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